Restauri da tutto esaurito Ecco le stanze del Gritti

Tra le novità offerte quest’anno dal Salone europeo della cultura «Venezia 2019» c’è stata l’opportunità di visitare numerosi cantieri che operano in laguna da tempo, ma che finora erano spazi inviolati e preclusi ai cittadini. L’occasione ha permesso a trecento persone (suddivise in una quindicina di visite a numero chiuso, andate subito esaurite) di riappropriarsi di luoghi nascosti al grande pubblico.

 

Uno dei cantieri che ha riscosso maggiore successo, con il raddoppio dei tour, è quello dell’Hotel Gritti. Chiuso da un anno, riaprirà i battenti il prossimo 31 gennaio, con un taglio del nastro sobrio (la festa d’inaugurazione è rinviata alla primavera), per accogliere i primi clienti già dal giorno successivo, in tempo per il Carnevale. L’operazione di ammodernamento è costata tre anni di progettazione e un anno di lavori. Detta così potrebbe sembrare un cronoprogramma plausibile, ma se si aggiunge che il costo totale del rinnovo dell’immobile (8mila metri quadri) è di 35 milioni di euro, di cui 30 in opere edili, pari a più di due milioni di lavori al mese, si capisce l’entità dell’operazione.

 

Albergo storico della Laguna, amato da una clientela internazionale che ci ritorna periodicamente («il 20% dei clienti sono praticamente fissi» spiega il direttore Paolo Lorenzoni), attualmente appartiene al gruppo americano Starwood. Oltre al Gritti, la società ha altri due hotel a Venezia, il Danieli e l’Europa, tutti 5 stelle, ma il Gritti si è sempre posizionato un gradino sopra. Affacciato sul Canal Grande, si compone di tre edifici, quello storico che risale al 1475, e due corpi più moderni. I lavori hanno comportato la costruzione della vasca per l’acqua alta, anzi tre diverse, per evitare che hall e ristorante finissero periodicamente in ammollo, oltre alla messa a norma degli impianti.

 

«Ogni giorno lavorano oltre 150 persone contemporaneamente – commenta Lorenzoni – sotto la supervisione della Soprintendenza alle belle arti che ha approvato tutti gli interventi». Per volontà della proprietà americana, i lavori sono stati eseguiti da imprese locali, a partire dallo studio Venice Plan, che ha coordinato gli interventi, e la trevigiana impresa edile Tonon, per continuare con la vetreria Ferro che ha restaurato i 1200 lampadari, la tessitura Rubelli che ha fornito tessuti e interior design attraverso la sua associata Donghia, per finire con le maestranze locali a cui sono stati affidati decori (Edilia) e pavimenti alla veneziana (Asin).

 

Ma la filosofa del ‘chilometro zero’ non si ferma al restauro. «Anche i prodotti che verranno utilizzati dagli chef dell’albergo saranno il più possibile locali, dai vini ai formaggi» ha dichiarato il direttore annunciando anche la creazione di una scuola di cucina. L’albergo, che conta 61 camere doppie e 21 suite, tra cui quella dove soggiornava abitualmente lo scrittore americano Ernest Hamingway con cantina annessa, ora sarà dotato anche di una Spa, con palestra, bagno turco e stanze per massaggi.

 

Arredi, specchi, oltre alle storiche boiserie, sono rimasti gli stessi per espressa richiesta della clientela che è stata interpellata prima della chiusura. Ora l’albergo si appresta a rilanciarsi sul segmento del mercato turistico di super lusso, aumentando il personale che passerà dagli 86 dipendenti pre chiusura ai 110 per l’apertura, con un rapporto di 1,4 per camera, «perché la concorrenza si batte proprio grazie al servizio offerto» conclude il direttore salutando i partecipanti alla visita guidata.

(Fiorella Girardo)

Un pensiero su “Restauri da tutto esaurito Ecco le stanze del Gritti

  1. Vorrei fare un paio di osservazioni riguardo i “Restauri Aperti”:
    – innanzitutto i cantieri erano visitabili solo dagli addetti ai lavori (architetti, restauratori, giornalisti…) escludendo i cittadini e gli studenti con un percorso accademico attinente. Tanto aperti non lo sono stati…
    – le presentazioni dei restauri sono consistite in una carrellata di informazioni con un linguaggio estremamente tecnico, rivolto ai soli addetti ai lavori (e si ritorna agli architetti, restauratori…) rendendo l’evento poco coinvolgente.

    I lavori sono stati indubbiamente importanti per la città e per la salvaguardia del nostro patrimonio, ma sicuramente il tipo di comunicazione deve essere perfezionata.

    Bella iniziativa, ma ci saremmo aspettati di più.

    Firmato: tre diagnoste dei beni culturali.

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