Tra i ‘Vandali’ di Gian Antonio Stella

Ammetto la mia debolezza: impazzisco per le citazioni letterarie. Certo, mi piacerebbe sempre andarle a controllare, avendone il tempo, ma la capacità di affabulazione di Gian Antonio Stella è tale che sospendo volentieri il giudizio, e mi lascio coinvolgere dal succedersi di immagini e battute che è la sua presentazione. Se c’è una cosa che sarà apprezzata, chiedendo qualche commento all’uscita dalla sala, è proprio questa sua immediatezza comunicativa, che ha convinto anche chi era arrivato senza molte aspettative. Il pubblico è vario e forma una platea calda, che risponde bene al relatore.

La presentazione di Vandali è un atto d’accusa, un tentativo di lavare i panni sporchi in piazza, come si dovrebbe fare in democrazia, almeno secondo l’opinione di Curzio Malaparte. «Tenetevi i trombettieri» dice Stella, e tornando a Malaparte: «inni e ipocriti elogi sono la peggior forma di patriottismo». Una dichiarazione di intenti molto pesante, proposta come conclusione di una carrellata di scempi architettonico-paesaggistici fin troppo lunga, fatta di operazioni mal condotte ma anche di colpevole trascuratezza: la Reggia di Carditello e le case di Ischia, ma anche il progetto di Motorcity o le 28 aree industriali di Crocetta del Montello. “Teròni”e “polentoni”: le critiche non risparmiano nessuno, l’unica differenza è che «al nord le porcherie si fanno con i timbri in regola, al sud senza.»

Ci sono anche esempi virtuosi: in Italia, la Venaria Reale è stata sistemata senza ricorrere a legislazione straordinaria, secondo le regole; in Francia, l’area mineraria di Lens diventa la seconda sede del Louvre, di quel museo che, da solo, fattura molto più di tutti i beni culturali italiani messi assieme. Questi i dati e le provocazioni che Stella propone alla riflessione. Anche senza analizzarli in dettaglio suscitano delle domande importanti, in tempo di crisi: quanti soldi sta sprecando l’Italia sciupando il proprio insostituibile patrimonio?

L’accusa tocca anche il mondo della comunicazione: la promozione dell’immagine del Paese e dei suoi bene dovrebbe essere fatta con attenzione. Se abbiamo degli “idoli” (e Venezia è uno di questi, come i Bronzi di Riace, come Pompei) che tutto il mondo ci invidia, non possiamo usarli per pubblicità di cattivo gusto. Stella sa di essere considerato un “passatista”, ma critica comunque certe operazioni di marketing.

Ve l’avevo detto, ho un debole per le citazioni: Venezia 2019, nell’intervento di Stella, diventa un traguardo al quale guardare attraverso gli occhi di poeti e scrittori come Goethe, Zanzotto, Rigoni Stern, Comisso, che d’Italia hanno celebrato il territorio, la natura e la cultura, il paesaggio con i loro scritti. Perché il patrimonio italiano non rimanga che una citazione, Stella ha scelto di provare a portarli in piazza, questi panni che ormai nessuno ha i fondi per lavare.

(annalisa scarpa)

Restauri Aperti_Per gli studenti formazione en plein air

Ancora storie di giovani, ancora storie di cantieri. Perché Restauri Aperti è anche il gruppo di volontari che ha accompagnato per la città i visitatori.

C’è chi studia Lingue, chi Economia e gestione delle arti e delle attività culturali. Chi ha studiato e pratica proprio il Restauro. Una duplice opportunità: offrire un’accoglienza indispensabile, in una città come Venezia, ma anche entrare in contatto diretto con la realtà del cantiere e i suoi professionisti, non senza qualche speranza per un domani lavorativo coerente con il proprio percorso di studi.

Ma nei tre giorni si trovano anche spunti inaspettati. Edoardo, 20 anni, di Mestre, è più interessato al lato economico-gestionale ma quando lasciamo la sala Turri dopo uno dei seminari di presentazione si dice colpito anche dal modo di comunicare dei relatori. Valeria è restauratrice, anche se in questo momento «c’è ben poco da fare, lavoro in tutt’altro ambito». Grazie a lei, sulla strada di rientro ai Magazzini, vengo a sapere della presenza di due dipinti di Lorenzo Lotto in una chiesa in cui la visita, oltretutto, non è a pagamento (a voi scoprire quale): «Forse non sono i più belli, ma meritano d’esser visti.»

I volontari di Restauri Aperti dovevano avere gambe buone, oltre alla curiosità per i beni culturali. Il pranzo, fosse anche un modesto panino, è il momento fondamentale in cui si scambiano impressioni e si condivide la fatica, il bisogno di fare gruppo.

Tra i giovani che hanno partecipato ci sono anche quelli arrivati a Venezia con il Progetto Studenti, una sorta di borsa di studio per la partecipazione al Salone. «Siamo stati selezionati, ed eccoci qui», dicono due allievi della Laurea Magistrale in Strategia e Comunicazione d’Impresa dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Samuele e Laura. Soddisfatti della qualità degli interventi, trovano che le conferenze siano state molto centrate rispetto al tema che si proponevano  di affrontare. Non hanno seguito i seminari di Restauri Aperti perché «troppo tecnici, noi siamo più orientati al turismo», ma avrebbero voluto poter visitare i cantieri. Anche se il numero di posti è stato ampliato, infatti, molti ne sono rimasti esclusi. E’ il rimpianto anche di altre tre ragazze, ma loro, studentesse di Architettura ad indirizzo Restauro, sarebbero state felici di un tecnicismo anche maggiore, e magari di poter addirittura “fare”. Shana, di origine persiana, ed Eugenia, sono iscritte a La Sapienza di Roma, e attualmente impegnate in un Erasmus a Vienna. Giada, invece, studia a Torino.

Per tutti questi studenti la partecipazione al Salone è stata la voglia di formarsi ma anche di conoscere persone nuove, e il desiderio per il futuro di essere protagonisti ancora più attivi e di venire valorizzati ulteriormente – all’interno del Salone, e magari anche nel mondo professionale che in questi giorni hanno conosciuto così da vicino.

(annalisa scarpa)

 

Restauri Aperti_Intervista ad Anna Scavezzon

La prima edizione di Restauri Aperti si è conclusa. Sentir presentare o perfino vedere i cantieri di della Camera di Commercio, di due chiese (i Gesuiti e i Tolentini), di due hotel prestigiosi (Palazzo Papadopoli e The Gritti Palace) e di una sede espositiva (Ca’ Corner della Regina) è stato anche un pretesto per riflettere su questioni più generali. La sostenibilità e l’efficienza energetica (l’esempio più affascinante – ma non il solo – è quello di una facciata che “respira” come una foglia, nella nuova Camera di Commercio). L’importanza del lavoro artigianale, che è spesso una scelta di qualità e quasi sempre anche di incentivo alla competenza locale sul territorio che le è proprio. Il rapporto tra pubblico e privato, in termini di rispetto del bene, ma anche di gestione oculata (e proficua) delle risorse, soprattutto in tempo di crisi. Il grandissimo tema del cambiamento di destinazione d’uso e di come restituire i beni alla cittadinanza.

Anna Scavezzon ci racconta, in chiusura, il progetto, con uno sguardo al possibile domani della manifestazione.

Come è nata l’iniziativa?  

« La prima cosa che mi è sempre venuta in mente entrando in un cantiere particolare, in dei posti che sono preclusi ai più, è che mi sarebbe piaciuto portarci qualcuno. Ho sempre pensato che fosse un privilegio, l’idea alla base è quella della condivisione con gli altri. Questo è l’input. La seconda cosa è l’esigenza di sensibilizzare verso questo che è il vero patrimonio in Italia. C’è tutta una fascia di interesse che bisogna aprire, sviluppando qualcosa che possa avere significato in termini di lavoro, di turismo, di economia. E c’è anche l’esigenza di trasmettere un messaggio sul mondo del restauro e la figura professionale del Restauratore: in quest’ambito ci sono delle carenze istituzionali, ma è necessario avere chiarezza di competenze. »

 Come sono stati scelti i cantieri proposti?  

« L’individuazione dei siti è partita proprio dalla conoscenza del territorio veneziano e da un confronto con la Soprintendenza. Sono cantieri importanti. Importanti perché impattanti per la città; perché qui la connotazione pubblico-privato è molto forte; e perché ci sono delle soluzioni tecnologiche molto interessanti, cosa tanto più importante nell’anno di Venezia-Berlino. »

 Quali sono le prospettive?

« Restauri Aperti, naturalmente, si dovrà sviluppare, per esempio nell’apertura a un pubblico più vasto, proprio perché c’è la necessità della sensibilizzazione: sono sicura che questa sia la strada vincente. E’ necessario per raggiungere l’obiettivo di creare un’economia dei Beni Culturali. Poi sicuramente c’è il fatto decisamente ludico: salire su un ponteggio di 23 m che dà una visuale emozionante è andare sulle montagne russe…  Metti insieme così tante cose che non si può non riscuotere interesse. Come prima edizione siamo soddisfatti. »

(annalisa scarpa)

Giovani a Venezia2019

Giovanni Soldera, 17 anni, studente Liceo Artistico di Treviso

Alice Bonora, 17 anni, studentessa Liceo Artistico di Treviso

Laura Fregonese, 17 anni, studentessa Liceo Artistico di Treviso

E alla fine ci siamo, i loro tentativi di fuga in questi giorni sono stati molteplici ma hanno finalmente ceduto e li ho intervistati, ecco a voi i più giovani volontari di Venezia 2019!

Vi presento una breve intervista a tre, a questi ragazzi che riempono di gioia e speranza, e smentiscono il dire generale secondo cui i giovani sono troppo viziati e annoiati e non hanno voglia di fare!

Tre belle teste cariche di vita che sognano di entrare nel mondo della cultura.

Come siete venuti a sapere della manifestazione?

G: Tramite Alice

A: Grazie a  internet siamo venuti a conoscenza di questa iniziativa e della possibilità di offrirci come volontari, e abbiamo deciso di lanciarci in questa nuova esperienza

Cosa cercavate e cosa avete trovato?

G: Io sono venuto per conoscere le nuove realtà oltre che per esercitarmi nella fotografia.

A: Ero incuriosita dalla possibilità di conoscere gente nuova e nuove idee. Condividere un’esperienza con chi come me, ha voglia di fare e lo dimostra venendo a lavorare a titolo gratuito per questa iniziativa, con chi ha voglia di imparare.  È un’ esperienza che mi è piaciuta tanto e mi ha dato modo di conoscere vari designer

L: io adoro l’arte e adoro aiutare il prossimo, conoscere gente nuova, imparare dagli altri.

Prospettive future: cosa volete fare da grandi?

G: mi piacerebbe inserirmi nel mondo della letteratura come poeta, senza abbandonare il mio bisogno di esprimermi attraverso l’arte visiva. Non voglio perdere la mia curiosità.

A: vorrei rimanere nel mondo dell’arte per poter condividere l’arte che ho dentro con gli altri. Questo evento mi ha dato la possibilità di comunicare con chi è riuscito a intraprendere questa strada, son contenta di poter prendere ad esempio persone simili.

L: Io non so, non ho ancora idea, mi piacerebbe lavorare a Murano con il vetro o comunque provare a rimanere in questo mondo, o anche lavorare in Teatro

Voto generale sull’esperienza di Venezia 2019?

G:9

A:10

L:10

A: posso aggiungere una cosa? Ero scettica riguardo alla tecnologia e ai social network ma ho capito che possono avere una grande valore per la comunicazione. Anche per eventi di questo tipo poter condividere le nostre foto con chi non era presente, poter far conoscere quel che abbiamo vissuto, è una cosa importante.

(benedetta bruzzese)

Restauri da tutto esaurito Ecco le stanze del Gritti

Tra le novità offerte quest’anno dal Salone europeo della cultura «Venezia 2019» c’è stata l’opportunità di visitare numerosi cantieri che operano in laguna da tempo, ma che finora erano spazi inviolati e preclusi ai cittadini. L’occasione ha permesso a trecento persone (suddivise in una quindicina di visite a numero chiuso, andate subito esaurite) di riappropriarsi di luoghi nascosti al grande pubblico.

 

Uno dei cantieri che ha riscosso maggiore successo, con il raddoppio dei tour, è quello dell’Hotel Gritti. Chiuso da un anno, riaprirà i battenti il prossimo 31 gennaio, con un taglio del nastro sobrio (la festa d’inaugurazione è rinviata alla primavera), per accogliere i primi clienti già dal giorno successivo, in tempo per il Carnevale. L’operazione di ammodernamento è costata tre anni di progettazione e un anno di lavori. Detta così potrebbe sembrare un cronoprogramma plausibile, ma se si aggiunge che il costo totale del rinnovo dell’immobile (8mila metri quadri) è di 35 milioni di euro, di cui 30 in opere edili, pari a più di due milioni di lavori al mese, si capisce l’entità dell’operazione.

 

Albergo storico della Laguna, amato da una clientela internazionale che ci ritorna periodicamente («il 20% dei clienti sono praticamente fissi» spiega il direttore Paolo Lorenzoni), attualmente appartiene al gruppo americano Starwood. Oltre al Gritti, la società ha altri due hotel a Venezia, il Danieli e l’Europa, tutti 5 stelle, ma il Gritti si è sempre posizionato un gradino sopra. Affacciato sul Canal Grande, si compone di tre edifici, quello storico che risale al 1475, e due corpi più moderni. I lavori hanno comportato la costruzione della vasca per l’acqua alta, anzi tre diverse, per evitare che hall e ristorante finissero periodicamente in ammollo, oltre alla messa a norma degli impianti.

 

«Ogni giorno lavorano oltre 150 persone contemporaneamente – commenta Lorenzoni – sotto la supervisione della Soprintendenza alle belle arti che ha approvato tutti gli interventi». Per volontà della proprietà americana, i lavori sono stati eseguiti da imprese locali, a partire dallo studio Venice Plan, che ha coordinato gli interventi, e la trevigiana impresa edile Tonon, per continuare con la vetreria Ferro che ha restaurato i 1200 lampadari, la tessitura Rubelli che ha fornito tessuti e interior design attraverso la sua associata Donghia, per finire con le maestranze locali a cui sono stati affidati decori (Edilia) e pavimenti alla veneziana (Asin).

 

Ma la filosofa del ‘chilometro zero’ non si ferma al restauro. «Anche i prodotti che verranno utilizzati dagli chef dell’albergo saranno il più possibile locali, dai vini ai formaggi» ha dichiarato il direttore annunciando anche la creazione di una scuola di cucina. L’albergo, che conta 61 camere doppie e 21 suite, tra cui quella dove soggiornava abitualmente lo scrittore americano Ernest Hamingway con cantina annessa, ora sarà dotato anche di una Spa, con palestra, bagno turco e stanze per massaggi.

 

Arredi, specchi, oltre alle storiche boiserie, sono rimasti gli stessi per espressa richiesta della clientela che è stata interpellata prima della chiusura. Ora l’albergo si appresta a rilanciarsi sul segmento del mercato turistico di super lusso, aumentando il personale che passerà dagli 86 dipendenti pre chiusura ai 110 per l’apertura, con un rapporto di 1,4 per camera, «perché la concorrenza si batte proprio grazie al servizio offerto» conclude il direttore salutando i partecipanti alla visita guidata.

(Fiorella Girardo)

Restauri Aperti_Ca’ Corner_cantiere on/off

La seconda scarpinata è davvero a spasso per Venezia, e camminando non poco: l’occasione per vedere le calli di Venezia, i canali, e qualche luogo noto ai veneziani ma non troppo frequentato dai turisti, come Campo Santa Margherita, Ca’ Foscari, la caserma dei Vigili del Fuoco…

Un’ottima occasione anche per scambiare due chiacchiere. Ci sono, per esempio, due giovani architetti, Letizia e Nicolò, professionisti a Venezia e Bergamo. Conoscono la città, anche per la formazione universitaria. «Venezia stessa è uno sponsor – dice Nicolò – ha molta visibilità. Una buona idea sentita al Salone è quella di investire in una rete che porti turisti e ricchezza, per valorizzare i beni diffusi. E qualche gemellaggio culturale, come quello con Berlino. Venezia è una città inattuale, ma anche moderna: c’è la wi-fi in tutti i Campi e pochi lo sanno».

Con Letizia parliamo delle attese per la visita: «Ca’ Corner della Regina mi interessa anche per gli aspetti museali. Nella presentazione mi ha colpito l’attenzione all’impiantistica: l’idea di prendere l’acqua del canale, per esempio, quando sarà finito».

Le attese di Letizia non saranno deluse: «E’ stata una visita completa, bello scoprire i segreti moderni in un edificio antico. Un palazzo work in progress, che non è finito ma utilizzato, vivo. Bello anche che abbiano utilizzato realtà locali nei lavori, persone che sanno chiaramente come operare nella propria realtà”, lo dice con una nota di speranza: “le persone che si occupano di Beni Culturali sono moltissime, basta vedere quanta gente c’è qua…»

Il giro è stato lungo, ma l’Ingegner Romeo Scarpa, presentando il lavoro nel palazzo della Fondazione Prada, non se n’è accorto: «Due ore? Davvero?». Gli chiediamo se pensa che un’iniziativa come Restauri Aperti sia un’occasione di divulgazione o piuttosto di formazione. «E’ la stessa cosa. Io ritengo che ci sia un’operazione culturale da fare, per riportare l’attenzione sia su quello che abbiamo: sia sul bello, sia sull’artigianato, la capacità di fare. Bisogna solo metter tutto a sistema con intelligenza. Qui c’è un patrimonio culturale grandissimo, questo è un esempio: uno». «Si tratta di un cantiere on/off: on quando si parte, poi si stacca e parte il museo. Il restauro, secondo me avrebbe bisogno di un attimo di digestione, ma porsi delle scadenze non priva del palazzo per anni. Mi pare che anche l’iniziativa di far vedere sia un modo di mostrare a chi è giovane cosa si può venire a fare. E’ ovvio che si tratta di acquisire delle specializzazioni e delle competenze. E venire adeguatamente pagati, lavorare in sicurezza. E’ anche un fatto didattico: vedendo i lavori impari ad apprezzarli. C’è una fatica che va rispettata e questo un po’ contrasta con i tempi veloci, ma facciamo di necessità virtù».

(annalisa scarpa)

Under the Cover_Archivi vivi

Under the Cover, Archivi vivi curated by Mario Lupano e Alessandro Vaccari

L’esposizione di Under the cover è il risultato di  workshop  dell’Università IUAV di Venezia dedicato alla rivisitazione in chiave artistica e di design della coperta, oggetto simbolo di Lanarossi, azienda manifatturiera di Schio. Vestiti magici, surreali che profumano di storia ma rivivono attualissimi nel presente.

Accompagnano l’esposizione i disegni originali dell’inventore della termocoperta e del calorimetro, Umberto Giandominici, orgoglio dell’azienda scledense. Disegni provenienti direttamente dal materiale di Archivi Vivi, un progetto del Comune di Schio che nasce dalla volontà di salvaguardare gli archivi artigianali dal rischio di andare persi tra fallimenti e cambi di sede, che ci è stato esposto dal collaboratore del comune Federico Facci.

(benedetta bruzzese)

Anima Grigia, Paolo Vallara a Open design Italia

Il cuore di Anima Grigia è il cartone grigio usato dai librai per costruire le copertine dei libri, che viene recuperato e modificato con automatici e cartone e utilizzato in meravigliosi calendari.

Paolo Vallara, con esperienza principalmente come graphic designer industriale, dichiara di sentirsi un sarto che non conclude i suoi abiti. Considera la sua opera conclusa solo al momento in cui l’acquirente li utilizza e li vive, appuntandoci sopra pezzi di vita.

Sabato 24 alle 17.30 per dare una dimostrazione di questa co-creazione che  propone, ha presentato al pubblico di Open Design Italia un live made to misure con un artista che in diretta ha terminato uno dei calendari.

 In onore di Venezia Capitale Europea della Cultura nel 2019, nei calendari ricorre il numero 19.

Per Paolo Vallara, brianzolo doc la praticità del progetto è fondamentale. Il design non può essere forma senza funzionalità, ogni dettaglio è inserito con una funzione specifica.

Interessante poi il suo Progetto Ombra, una rivisitazione del calendario dell’Avvento  studiato per tutti i dodici mesi, progetto che si concluderà nel 2013 quando gli acquirenti riconsegneranno il calendario all’autore arricchito del loro quotidiano.

Il designer ci tiene a specificare che il suo lavoro non ha niente di ecologico, perché non si riconosce in un’ecologia che diventa materia per ricchi. Il suo è un prodotto fatto di materie semplici e sincere, in cui l’interno rispecchia l’esterno.

(benedetta bruzzese)

Silvia Cetoretta, product designer

  

Silvia Cetoretta è una giovanissima designer di soli ventisei anni, laureata in Disegno Industriale al Politecnico di Milano, presenta al salone Open Design un duplice progetto: il primo di interior design, con una linea di cuscini che esprime emozioni e stati d’animo, dipinti a mano libera su tessuto, il cui obbiettivo è dare l’opportunità di regalare oltre  all’oggetto in sé, anche il messaggio espresso sul tessuto .

 Il secondo progetto che presenta è invece di fashion design, e sono una serie di borse in tessuto e pelle, studiate per essere intercambiabili e versatili per ogni situazione. Un totale di dodici esemplari curatissimi nel dettaglio, in pellame marchigiano,  omaggio alle origini della nostra designer.

Silvia vede nell’autoproduzione un sistema fondamentale per andare avanti in questi tempi difficili mantenendo intatta la propria personalità.